Napoli: il folclore di un luogo senza tempo
Vedi Napoli e poi muori. È folcloristico e un po' eccentrico, proprio come la gente del luogo, l'antico detto popolare che per anni ha segnato l'arrivo dei tanti turisti nel capoluogo campano. Intuirne il motivo non è difficile: affascinante e senza tempo, Napoli continua a catturare l'attenzione e il cuore di visitatori di tutto il mondo, con il suo lungomare soleggiato e il Vesuvio che fa capolino, i suoi monumenti storici e artistici che rappresentano un patrimonio inestimabile per l'arte italiana.
E poi i suoi vicoli unici al mondo dove perdersi fra profumi, colori e suoni antichi, con il naso all'insù per imprimere nella memoria immagini di un'epoca passata che ancora vivono e permeano l'atmosfera della città. Il carattere goliardico e il carisma inconfondibile degli abitanti si rispecchiano anche a tavola, in una cucina golosa e succulenta, che affonda le radici nel periodo greco-romano e che alterna con disinvoltura piatti di mare e di terra.
I piatti tipici
La gastronomia napoletana riserva piacevoli sorprese agli amanti del gusto, soprattutto a chi predilige i sapori più intensi e decisi. Specialità a parte, fra le ricette della tradizione si annoverano piatti gustosi come il sartù di riso, il gattò di patate, il casatiello, la pizza rustica e la pizza di scarole.
Ancora, la frittata di pasta, gli spaghetti alle vongole, le zucchine alla scapece, le melanzane a funghetto, il babà, la sfogliatella, e poi salsicce e friarelli, il ragù napoletano, fagioli e cozze: citarli tutti è impossibile, ma sicuramente durante una gita nella città campana, non si può rinunciare a un assaggio della prelibatezza che ha fatto il giro del mondo, la pizza. Nella versione classica oppure fritta, da gustare seduti o passeggiando nella variante chiusa a portafoglio.
Cosa assaggiare
Candele
Tra i più noti formati di pasta napoletani, un tempo venduta sfusa nei negozi di alimentari, le candele devono il loro nome alla caratteristica forma liscia e cilindrica che ricorda i ceri utilizzati nelle processioni religiose. Da non confondere con gli ziti, dal diametro inferiore.
Cannolicchi
Utilizzati soprattutto nelle minestre, i cannolicchi sono perfetti per le zuppe di legumi proprio per la loro forma e per la dimensione, in grado di accogliere il fagiolo all'interno (in questi casi a Napoli si dice che “il ciccillo è 'ncruvattato”).
Conchiglioni
Grandi conchiglie di grano duro pensate per essere farcite con ragù di carne oppure ricotta e spinaci, condite con sugo e fatte cuocere in forno.
Paccheri
Paccariain napoletano significa “schiaffeggiare”, ed è proprio da questo termine che nasce il nome pacchero, tipico formato partenopeo chiamato così per il rumore che fa durante la mantecatura, simile a quello di uno schiaffo.
Reginelle
Fettucce lunghe e dai bordi ondulati che hanno iniziato a diffondersi dapprima in Campania e poi nel resto d'Italia agli inizi del Novecento.
Casatiello
Il suo nome deriva dalla parola cas’, che in dialetto napoletano vuol dire cacio: ha origini sono molto antiche, ma le prime tracce della sua diffusione nell’area partenopea risalgono al 1600 circa. Si prepara con salumi, uova sode e pepe in abbondanza. Antenato di questa torta salata è il tortano, che si differenzia per l'utilizzo di uova bollite nell'impasto (che nel casatiello vengono inserite ancora crude).
Pizza di scarole
Celebre focaccia a base di impasto della pizza e scarole, insaporite con acciughe, olive nere, capperi e pinoli.
Sfogliatella
Due le varianti principali di questo dolce a base di ricotta, semolino e arancia candita: riccia e frolla. La prima è preparata con pasta sfoglia, mentre la seconda prevede l'utilizzo della pasta frolla.
Babà
Dolce lievitato, soffice e spugnoso, caratterizzato dal tipico sciroppo di zucchero e rum, che conferisce aromaticità e profumi all'impasto.
Pizza
Dal 2017 l'arte dei pizzaioli napoletani è stata riconosciuta come patrimonio immateriale dell'Unesco. La tradizione dell'arte bianca, infatti, è lunga e articolata e rappresenta uno dei maggiori vanti della gastronomia napoletana e italiana nel mondo. Quella classica si distingue per il cornicione rigonfio e l'impasto soffice e alveolato, ma c'è anche quella fritta, ripiegata a mezzaluna e farcita con ricotta, ciccioli, salame, pomodoro o altri ingredienti tipici. Per gustare la classica tonda passeggiando, invece, si può optare per quella a portafoglio, ripiegata in quattro e consumata come cibo da strada.
Biscotto all'amarena
Immancabile in qualsiasi bar o pasticceria che si rispetti, il biscotto all'amarena è nato per recuperare gli avanzi di pasta o di dolci invenduti, dai ritagli di pan di Spagna alla frolla in eccesso. Oggi, vengono preparati con farina, burro, zucchero, uova, scorza di limone e sale, farciti con pan di Spagna, confettura di amarene, cacao e rum (talvolta sostituito dall'alchermes).
Mostacciuoli
L'origine di questi biscotti – diffusi anche in Abruzzo, Lazio, Puglia e Calabria – è incerta, ma delle prime testimonianze sono rintracciabili già nel “De Agricoltura” di Catone. Quelli campani si preparano con farina, zucchero, miele, marmellata di albicocche, cacao, vino moscato, mandorle tritate, acqua, bicarbonato, buccia d’arancia, cioccolato per la glassa e il pisto, un mix di spezie.
©Gambero Rosso
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