Spunti di viaggio

La Fattoria delle Tartarughe: l'ingrediente segreto è l'amore

Pronto a respirare un'atmosfera di amore, gentilezza, natura e pace? Siamo in provincia di Cagliari, da Loris e Marco che ci presentano il loro agriturismo La Fattoria delle Tartarughe!

Basta parlare un po’ con Loris per capire che la Fattoria delle Tartarughe è un posto speciale. E dopo poco, ci si ritrova avvolti in un’atmosfera in cui amore, gentilezza, natura e pace non sono solo parole di moda, ma un modo di essere e di vivere. L’agriturismo ai piedi dei rilievi del Parco dei Sette Fratelli, in provincia di Cagliari, è “un progetto amorevole” ed è un po’ il “figlio” di Loris e di suo marito, Marco. Un figlio “a volte ingombrante e dal quale vorresti scappare”, ma amato “alla follia”.

L’amore è parte integrante e imprescindibile della Fattoria delle Tartarughe – fin dal claim “Lots of Love” – ed è la forza che ispira il pensiero e le azioni dei suoi proprietari: “Una cosa che dico sempre quando cuciniamo – e non solo – è quanto l’amore sia importante. Bisogna amare sé stessi, per amare gli altri e quello che si fa”. 

Ex bancario l’uno e zoologo specializzato nei rettili l’altro, Loris e Marco si sono imbarcati nell’esperienza dell’agriturismo per caso, ma ben presto ne hanno fatto il proprio progetto di vita. Dal podere in rovina degli (avventurosi) inizi sono passati quasi vent’anni e la Fattoria delle Tartarughe è diventata una grande e bella casa immersa in una natura lussureggiante, dove vive una moltitudine di animali.

Loris e Marco accolgono gli ospiti in quattro camere che rispecchiano la serenità e l’armonia dell’agriturismo e preparano per loro la colazione, la cena alcune volte alla settimana e una serata speciale nel segno della condivisione. Una peculiarità della Fattoria delle Tartarughe sono proprio i pasti tutti insieme, intorno al grande tavolo di legno sotto al porticato.

L’agriturismo è dotato anche di un suggestivo spazio relax e i suoi proprietari sono a disposizione per dare informazioni sui luoghi da visitare, le spiagge da non perdere e i ristoranti da provare nei dintorni.

Il soggiorno alla Fattoria delle Tartarughe è ideale per chi vuole rilassarsi e tornare a “respirare” ed è indicato per single, coppie, amici e piccoli gruppi. Per la presenza di molti animali e la tipologia di ospitalità, Loris e Marco sono organizzati per accogliere famiglie con bambini di età superiore ai 10 anni.

Ma di cose da dire su questa piccola oasi nel sud della Sardegna ce ne sono molte altre. A noi le ha raccontate con infinita passione, gentilezza e sense of humor Loris, che non solo ci ha aperto le porte di casa sua e di Marco, ma ci ha resi partecipi della loro vita e dei loro progetti.

 

Voi arrivate da esperienze diverse dall’ospitalità: in che modo è nata l’idea dell’agriturismo?

È iniziato tutto per caso: abitavamo vicino al lago di Garda, ma volevamo spostarci vicino al mare. A Natale 2005, Marco è venuto qui a Cagliari a trovare suo fratello e ha visto un casolare abbandonato, ma non era in vendita. Dopo tre mesi, una ragazza che aveva un’agenzia immobiliare lo ha chiamato e gli detto che aveva un casolare di campagna da vendere. Ha mandato le foto ed era lo stesso!

È stato il destino, che ci ha messo lo zampino. Io ero terrorizzato, non volevo venire: per me era un cambiamento troppo forte. Ma abbiamo iniziato comunque a interessarci e… tutta la situazione era molto carina. La ragazza che ha fatto da mediatrice è diventata la nostra migliore amica. Ci ha inserito in una movida cagliaritana che si è rivelata molto avvolgente – molto diversa anche come mentalità dal Nord – e questa cosa ha finito per fare breccia in me.

 

E così vi siete buttati in questa avventura. Come sono stati gli inizi?

Siamo partiti veramente da zero. Io a quell’epoca lavoravo in banca ed ero dubbioso che ci accordassero un mutuo, perché la struttura era un rudere. Invece hanno approvato la nostra richiesta e ci hanno erogato una prima tranche. Poi, alcuni amici si sono appassionati al progetto e ci hanno aiutato economicamente. Hanno visto più in là di me. A quel punto, mi sono lasciato andare. Mi sono detto: “Vabbè, si vede che il destino deve andare in questa direzione”.

Il posto era abbandonato da 15 anni. Avevano rubato tutto, c’erano solo la struttura e un tetto di coppo sardo fatto a mano, antico, bellissimo. Abbiamo iniziato a vivere qui come in un campeggio selvaggio. Non avevamo niente: non avevamo porte, non avevamo finestre, non c’era luce, non c’era acqua.

Ci siamo portati i nostri animali, perché Marco è zoologo e ha lavorato per vent’anni negli zoo in Italia. Poi hanno cominciato ad arrivare gli amici, che continuavano a ripetere quanto fosse bello il posto. Abbiamo pulito, bonificato, messo le prime piante di quella che oggi è la nostra “foresta” e con gli ultimi soldi abbiamo fatto due camere per le famiglie e per gli amici che venivano a trovarci.

Dopo due anni, abbiamo pensato che potesse diventare un lavoro. Abbiamo cominciato con due camere e adesso ne abbiamo quattro. Abbiamo imparato le cose un po’ alla volta.

 

È proprio vero: nella vostra storia, il destino ha avuto un grande ruolo!

Sì, ci ha dato una direzione molto forte. Io ho imparato a credere nel destino da questo. Mi ha completamente cambiato l’esistenza. Io non ero contento della mia vita precedente e ho capito che se “muoviamo” delle cose, ne arrivano delle altre.

Era un progetto che dal di fuori sembrava impossibile, invece alla fine è stato facile. Abbiamo trovato le persone giuste, gli amici giusti, la gente giusta… anche i clienti ci hanno dato una mano, in un momento in cui abbiamo avuto bisogno. Una cosa pazzesca, a pensarci.

 

Il nome è curioso. Perché “Fattoria delle Tartarughe”?

Marco è zoologo specializzato nei rettili. Ma non solo, è proprio appassionato. Quando vivevamo vicino al Lago di Garda, allevavamo già delle tartarughe sarde e le abbiamo portate – riportate – qui con noi. Erano dei soggetti riproduttori e fin dal primo anno abbiamo avuto molti piccoli.

La scelta del nome è stata praticamente “obbligata”. Avevamo tante tartarughe – per di più sarde – e ci è sembrato calzante.

 

Il vostro agriturismo è nato nel segno del rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali…

Sì, ha a che fare con la nostra esperienza personale. Quando siamo arrivati qui non avevamo nulla ed è stato il mese più bello della mia vita. Abitavamo in una stanzetta con una grande apertura davanti, sul bosco. Mi ricordo che i primi giorni stavo seduto sul letto a guardare il vuoto e pensavo: “Ma che cavolo ho fatto…”. La paura, però, è passata in fretta e la bellezza ha preso il sopravvento.

All’inizio, l’acqua corrente non c’era. Solo dopo 15 giorni abbiamo avuto un tubo che pescava dal pozzo e abbiamo potuto finalmente farci una doccia. Io lavoravo in banca e per andare in ufficio chiedevo  un secchio d’acqua ai vicini. Non c’era neanche l’elettricità e quando siamo riusciti a tirare 50 metri di cavo dalla torre dell’Enel e avere la luce di sera è stato emozionante.

 

… e porta avanti un progetto di turismo sostenibile. In che modo?

Tutto quello che abbiamo ora è stato conquistato con grande attenzione e questa attenzione cerchiamo di trasmetterla agli ospiti. Tentiamo di fare capire che non c’è niente di scontato. L’acqua è la cosa sulla quale facciamo più sensibilizzazione. Qui abbiamo un pozzo che serve per gli ospiti, per gli animali e per le piante. Quindi, chi lo sa se ci sarà sempre acqua. L’acqua va usata con parsimonia e lo spieghiamo in tutti i modi.

Lo stesso vale per l’aria condizionata. Purtroppo c’è un’esasperazione nell’uso dell’aria condizionata – specialmente all’estero – e non si capisce quanto male faccia. Noi siamo a cento metri di altitudine, d’estate ci sono pochissime zanzare: il nostro invito è di aprire le finestre e rilassarsi. Ma ci sono turisti di certi paesi che hanno paura a farlo, così tengono tutto chiuso e sparano l’aria condizionata a palla. Per me, regolare il termostato a 18° C e lasciare acceso quando non ci sei per trovare l’aria fresca in camera è una cosa inaccettabile.

E poi c’è l’attenzione per il cibo. Nel senso di non sprecarlo, ma anche di spiegarlo. Noi ci impegniamo per fare capire che non è fine a sé stesso, non è solo nutrimento, ma è pure condivisione, è gusto, è un modo di comunicare. Qui abbiamo un grande tavolo e mangiamo tutti insieme.

 

La Fattoria delle Tartarughe è immersa tra i colori e i profumi di un giardino tropicale e di un bosco di sughere. Ci parlate di questo tesoro naturale?

Quando siamo arrivati, questa era una landa desolata. C’erano pochissime piante, perché c’era stato un incendio. Noi avevamo investito praticamente tutti i nostri risparmi nella struttura e così abbiamo deciso di dedicarci al verde con il poco che avevamo. A maggior ragione perché Marco, nel suo lavoro per gli zoo, si occupava anche di allestire e curare gli ambienti dove stavano gli animali.

Il primo anno abbiamo piantato circa mille piante e abbiamo perso quasi l’80%, perché d’inverno qui fa freddo. Ma il 20% che è sopravvissuto ha protetto le altre che sono arrivate negli anni successivi. La cosa davvero meravigliosa, però, è che è cambiato il clima. È diventato più umido d’estate e meno freddo d’inverno.

È così che il verde, per noi, è diventato ancora di più una passione e una missione. Adesso si parla un sacco di quanto sia importante per la qualità della vita. E per quello che abbiamo vissuto nel nostro piccolo, lo posso confermare. Questo posto era quasi un deserto e adesso c’è tanta ombra, c’è umidità, ci sono le farfalle, c’è una marea di uccelli. La fattoria è inglobata nel verde.

Abbiamo una parte di piante australiane, vicino a casa. Poi, a mano a mano che ci si allontana, aumenta la flora del posto e prende il sopravvento la macchia mediterranea. Il nostro è un giardino “alla selvatica”: ci piacciono le piante che si confondono con le altre, che si mescolano, che decidono “in autonomia” quali possono sopravvivere e quali sono destinate a soccombere.

 

Avete tante piante, ma anche tanti animali!

Sì, l’amore per gli animali è smisurato! Oltre alle tartarughe, che appartengono a quattro tipologie endemiche della zona, abbiamo parecchi asinelli sardi e anche degli asinelli bianchi. Siamo stati fortunati, perché negli ultimi due anni sono nate due asinelle bianche ed è una cosa abbastanza rara. Sono stupende! Poi abbiamo pecore nane, caprette, galline, oche australiane, molte anatre e dei pappagalli. E gli alpaca, che sono animali bellissimi. Donato e Marta – si chiamano così – sono fantastici.

Tutti gli animali vivono in spazi dedicati. Abbiamo anche costruito un piccolo lago con un’isola al centro – questo era un maneggio, abbiamo utilizzato lo spazio che era dedicato al movimento dei cavalli – e gli uccelli stanno tutti lì. Le anatre che di solito si fermano in Sardegna in estate qui diventano stanziali.

 

Come funziona la cucina della Fattoria delle Tartarughe?

Diamo la colazione, poi facciamo tre cene a settimana e da alcuni anni proponiamo anche delle apericene, che piacciono da morire e agli stranieri in modo particolare. Per l’apericena facciamo tanti assaggi e qualche piatto condiviso. In questo caso usiamo la “scivedda”, un recipiente gigante in terracotta, che gli ospiti si passano gli uni con gli altri.

Più della metà della nostra utenza è straniera, così ci siamo adeguati con gli orari: di solito, l’apericena inizia tra le 19 e le 19.30. Ma non è male, perché vuol dire che tra le 21 e le 21.30 è finita e poi si può bere, chiacchierare, giocare a carte… è una cosa molto conviviale.

 

Quali piatti proponete?

Noi non cuciniamo tutti i giorni, perché la nostra idea è che gli ospiti debbano esplorare il territorio. Inoltre, non siamo sardi e siamo più orientati verso una cucina vegetariana, quindi il maialetto non lo facciamo. Però qualche salume, qualche sugo con la salsiccia lo proponiamo: ci sono dei piatti dai quali non si può prescindere e che piacciono anche noi.

Diciamo che facciamo una cucina per lo più vegetariana – pur senza essere rigorosissimi – e del territorio. Siamo attenti al discorso formaggi e – finalmente, dopo tre anni – abbiamo il nostro orto. Quello che portiamo in tavola non è tutto prodotto da noi, ma una buona parte. Per il resto, ci serviamo dai produttori locali: qui abbiamo una rete che funziona piuttosto bene.

 

Da voi si mangia tutti insieme, intorno a un grande tavolo. È una cosa che ci ha colpito molto e siamo curiosi di saperne di più!

All’inizio volevamo mettere i tavolini, perché vedevamo tavolini dappertutto. Poi abbiamo fatto il corso di agriturismo e abbiamo capito che “mangiare insieme” – con quello che produce la terra – è un concetto chiave di questo tipo di ospitalità.

È stato Marco a insistere e aveva perfettamente ragione. È successo molto di rado che qualcuno non apprezzasse la condivisione. Poi non è una cosa che si fa tutti i giorni: in quel caso sarebbe pesante per gli ospiti e per noi. Così, invece, diventa un piccolo evento e piace da matti. Noi abbiamo in mente la struttura del menu, poi in base a come va ce la giochiamo con grande fantasia. E vengono sempre fuori delle serate molto carine.

 

In agriturismo c’è anche uno spazio per il relax: come funziona?

Lo spazio per il relax è nato perché ci piaceva l’idea di avere un posto dove fare meditazione. Lo abbiamo allestito nella vecchia stalla, durante l’ultima ristrutturazione. Abbiamo trovato un ragazzo che ha fatto tutto un lavoro con la terra e la paglia, una cosa bio-naturale. Ha realizzato anche delle lampade di terra. Alla fine era così bello, che ci siamo detti che non potevamo tenerlo solo per noi. All’interno ci sono pure una piccola palestra e una quindicina di tappetini per lo yoga.

Inoltre, io insegno pilates dal 2003 e sono disponibile per dei personal. Prima c’era anche la possibilità di fare dei massaggi, ma adesso non più. Se ne occupava una nostra amica, che poi ha aperto un suo studio. Noi indirizziamo chi ce lo chiede da lei, ma è un po’ distante. Funzionava tantissimo e c’era gente che veniva apposta, ma per ora non abbiamo trovato nessuno altrettanto bravo. Vogliamo che sia una cosa speciale.

 

Dalla Fattoria delle Tartarughe non si parte a mani vuote. È possibile acquistare confetture, miele e liquori che fate voi, ma anche pasta artigianale e vino della Cantina di Dolianova. Ce ne parlate?

 

Noi facciamo confetture – soprattutto di prugne – e marmellate di agrumi. Inoltre abbiamo una trentina di arnie e produciamo miele millefiori e di eucalipto. Facciamo anche un po’ di miele di corbezzolo, che è molto amaro e molto raro, perché la fioritura dura pochissimo.

Poi abbiamo i nostri liquori. Facciamo il mirto – che è l’emblema della Sardegna e che noi produciamo con tanto amore con le nostre bacche – e il limoncello. È vero: non siamo in Costiera Amalfitana, ma gli stranieri ne vanno pazzi, noi abbiamo i limoni… e allora, perché no? Facciamo anche una piccola quantità di liquori all’alloro e al finocchietto selvatico, ma quelli non li vendiamo, li facciamo assaggiare a fine pasto.

In aggiunta, collaboriamo con la Cantina di Dolianova. Quando sono arrivato, ho lavorato per una banca che aveva una filiale in questo paesino e ho conservato tutti i contatti. La cantina di Dolianova è piccola ma molto vivace e fa degli ottimi vini. Chi vuole, può comprarli da noi. Ultimo ma non ultimo, una nostra carissima amica ha un laboratorio di pasta fresca e pasta secca e ci prepara dei sacchettini di malloreddus – tipici della Sardegna – molto carini.

 

C’è qualche nuovo progetto in cantiere?

Diciamo che dopo tutti questi anni vorremmo rinnovare un po’ la struttura. Ci sono da rifare delle cose e ci pacerebbe mettere a posto una piccola dépendance, che ci permetterebbe di esserci al 1000% per gli ospiti, ma anche di avere uno spazio solo per noi.

Questo è il primo anno che non lavoro più in banca, dopo 32. Oltre a quello, per 25 anni ho insegnato fitness, tonificazione e cose così. Ultimamente ho ripreso per me e ho pensato che sarebbe bello proporre dei corsi, visto che abbiamo anche la nostra piccola sala.

In generale, a me piacerebbe potenziare la parte dedicata al benessere. A maggior ragione perché, avendo più tempo, sto lavorando sul benessere profondo mio e degli altri. La Fattoria delle Tartarughe può dare questa opportunità, però vorrei trovare un canale più diretto. Vorrei che le persone venissero qui e sentissero di stare bene, di “respirare” e di essere accolti “in famiglia”.  Mi fa piacere e mi gratifica sapere che gli ospiti sono felici dopo l’esperienza qui da noi.

La Fattoria delle Tartarughe si trova nel sud della Sardegna, in una zona meravigliosa dal punto di vista naturalistico, oltre che ricca di storia e cultura. Quale meta o attività consigliate di non perdere?

Premesso che Marco è bravissimo a trovare tragitti, ha il dono di scovare della spiagge semideserte anche ad agosto. In aggiunta, noi facciamo parte di un piccolo circuito di strutture che lavora con un’agenzia tedesca e la responsabile dei gruppi – una signora tedesca, sposata con un signore sardo – ci fa scoprire dei posti che penso che anche molti sardi non conoscano.

Per esempio, nella zona di Sant’Antioco e Cala Setta, c’è un villaggio nelle grotte, una sorta di piccola Matera. È stato abitato dalla fine del Settecento al Novecento da persone molto umili ed è possibile visitarlo e vivere quella che era una “giornata tipo”. Ci si veste in abiti tradizionali e insieme a una guida – i cui nonni erano davvero dei “grottai” – si fa una serie di lavori, come pulire i cardi e le fave e preparare la zuppa.

Sempre lì, c’è un bellissimo museo archeologico, con un sacco di reperti, anche fenici. E di fianco c’è un piccolo cimitero, antichissimo, dove venivano sepolti i bambini.

I nostri suggerimenti sono sempre in funzione di quello che ci è piaciuto, dal ristorante in poi. Noi chiediamo agli ospiti dove vogliono andare, cosa vogliono vedere e ci mettiamo a disposizione. Vero è che ci sono molti turisti – i tedeschi, per esempio – che preferiscono arrangiarsi. Vedono come una debolezza il fatto di farsi aiutare, preferiscono fare da sé e “scoprire” per conto loro.

 

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